Vengo realizzato negli ultimi anni dell’Ottocento, sulla scia di un ambizioso programma che voleva rendere  Gorizia una “città giardino”. Riesco a passare indenne attraverso vicende belliche e trasformazioni urbanistiche, e conservo ancora i miei (quasi) cinque ettari di estensione e il mio fascino particolare.

Mi ha ideato il conte Alfredo Coronini (1846-1920), che grazie ai suoi viaggi in Italia e all'estero, verso il 1880, decise di trasformare l’originario giardino all’italiana. L'andamento irregolare del terreno, gli permise di progettare un parco di tipo romantico sviluppato su diversi livelli altimetrici che oggi regalano di pittoresche vedute. Passeggiando tra i miei meandri osserverete sculture, scalinate, terrazze, pergolati, fontane e specchi d’acqua. La principale fonte d'ispirazione per la mia realizzazione fu il giardino che Massimiliano d’Asburgo aveva creato nella sua residenza di Miramare (Trieste). Non mancheranno opere architettoniche e artistiche, come la statua di Giovanni Battista Coronini eseguita nel XVIII secolo da Marco Chiereghin, un’Ecate triforme roma del II secolo d.C. , un tempietto liberty progettato nel 1913 dall’architetto Girolamo Luzzatto. 

Sotto il verde dei miei prati, nascondo un impianto di irrigazione sotterraneo, che comprende persino la costruzione di un pozzo profondo ventidue metri! 

Le essenze botaniche mi regalano un fascino tutto mio... Palme, tassi, cedri, pini marittimi, cipressi, lecci, lauri, addirittura una centenaria quercia da sughero, nespoli del Giappone, bamboo, un Ginkgo Biloba...
Il gusto romantico che mi caratterizza, vede d'obbligo alcune piante da fiore particolarmente amate nell’Ottocento quali magnolie, oleandri, rose e camelie...

La mia costruzione venne ultimata nella sua veste rococò nel 1750 su commissione del conte Sigismondo d’Attems Petzenstein. Al 1780 dovrebbero invece risalire le due stanze affrescate dal cividalese Francesco Chiarottini. Oggi, sono la sede della Pinacoteca dei Musei Provinciali di Gorizia. 

Il mio meraviglioso giardino all’italiana che accoglie il lapidario e custodisce la Fontana dell’Ercole realizzata dopo il 1769 su disegno di Nicolò Pacassi, architetto di corte di Maria Teresa d’Asburgo.

La mia pinacoteca accogie quasi cento pezzi tra dipinti, disegni, incisioni e sculture che risalgono ad un periodo che va dalla seconda metà del Settecento alla prima metà del Novecento. Il salone d’onore, sul quale regnano gli Dei dell’Olimpo di Antonio Paroli, ospita pure la monumentale Pala Attems (1758), anch’essa commissionata dal conte Sigismondo.

Importante la collezione di opere di Giuseppe Tominz (1790-1866), il più celebre e celebrato ritrattista goriziano, del quale i musei conservano l’Autoritratto con il fratello Francesco (1818 ca.) vero e proprio manifesto della poetica tominziana. La Pinacoteca vanta anche una collezione permanente di Josef Maria Auchentaller (1865-1949), artista e designer versatile, rappresentante della Secessione viennese e sodale di Klimt.

Sono stato, nei secoli, punto di riferimento e centro culturale per Gorizia e la sua Contea, oltre che per tutta la Mitteleuropa. Venni costruito nel XIV secolo per difendere l’entrata sud-orientale della città, e dopo alcuni interventi di ampliamento e di abbellimento, da fortezza mi trasformo in Palazzo nobiliare dal quale sono passati personaggi illustri fra cui i Reali di Francia, il Pontefice Pio VI, l’Arciduchessa d’Austria Maria Theresa, Napoleone ma anche esponenti di rilievo del mondo della cultura come Goethe, Schiller, Goldoni, Pietro Metastasio, Casanova, Lorenzo Da Ponte che mi menzionano nelle loro opere.
Ad oggi mi adornano anche opere di artisti contemporanei che dialogano con l’antica atmosfera che permea le mie grandi sale.

Molto particolare è il mio giardino chiamato “Parco della Persiana”, adornato da roseti è rimasto intatto nel suo disegno persiano dal 1500.

Coltivare la vite e fare il vino è per noi una solida tradizione di famiglia che ha già attraversato quattro generazioni. Molto è cambiato nel corso dei decenni ma i punti fermi di una filosofia, di vita prima che di lavoro, rimangono ben saldi. Perché tradizione significa aprirsi alla modernità ma senza mai rinunciare agli insegnamenti che ci vengono dal nostro stesso passato.

La nostra storia, come spesso accade quando si parla di terra, di vigne e di vino, è una storia fatta di nomi propri: nomi di terre naturalmente propizie per la maturazione dell’uva – il Collio – ma soprattutto nomi di persone che con il loro lavoro hanno fatto crescere una tradizione secolare. 

Il primo nome che racconta la storia della nostra famiglia è quello di Carlo Primosic il quale, alla fine dell’800, riforniva i commercianti del vino che, dall’allora sud dell’Impero austro-ungarico, prendeva la strada di Vienna nelle grandi botti di legno.

Oggi, dopo anni di storia, sono io, Silvan, ad occuparmi delle viti e della cantina. Assieme a me ci sono Marko e Boris, i miei figli, che di Carlo Primosic sono i pronipoti; è però sempre una storia di vino e di nomi: per i vecchi di Oslavia entrambi i giovani – così come lo è stato loro padre Silvan – sono ancora “quelli del Carlo”.

Rispettare la natura e i suoi ritmi stagionali crea un senso di appartenenza che riesce a legare assieme le diverse generazioni; con la passione per questo mestiere ma anche con un vincolo unico fra vino sapori e profumi che creano l’identità di queste terre. 

Fra i vitigni autoctoni su tutti c'è la Ribolla Gialla, riscoperta e apprezzata in tutto il mondo: la versione classica "Think Yellow", oppure la riserva Ribolla Gialla di Oslavia.